ARELONSITE 2017: Scheda tecnica visita n°7
Palazzo Italia, dagli anni sessanta all’eternità
Location: Quadrato della Concordia, Roma
Propietà: Eur Spa
Tenant: Fendi Srl
Insediamento negli uffici:
a partire da ottobre 2015 (per fasi)
Team di progetto: Architetto Marco Costanzi
Ingegneri: Esa Engineering
Durata lavori: 14 mesi a partire dal 2013
Area d’intervento: 20.000 mq
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Il Progetto
Nel luglio 2013, FENDI ha annunciato un accordo di 15 anni con EUR S.p.A. per l’affitto di Palazzo della Civiltà Italiana come headquarter della Maison romana, un ulteriore passo in avanti verso la sua politica di valorizzazione e sostegno dell’eredità storica.
Il Palazzo Della Civiltà Italiana, anche noto come Palazzo della Civiltà del Lavoro, è considerato l’icona architettonica del XX secolo, un modello esemplare di monumentalità.
Concepito nel 1936 e progettato nel 1937 dagli architetti Giovanni Guerrini, Ernesto Bruno La Padula e Mario Romano, l’edificio venne inaugurato il 30 novembre 1940 come fulcro dell’Esposizione Universale del 1942, esposizione che avrebbe dovuto coinvolgere l’intero quartiere denominandolo EUR 42, dall’acronimo dell’evento e dell’anno di istituzione.
Il progetto fu presentato, sotto la direzione di Marcello Piacentini, come un modello ispirato all'urbanistica classica romana e agli elementi del Razionalismo, i cui canoni esaltavano il progresso come coerenza tra forma e funzione, tra atto creativo e logiche industriali. L’appello alla genialità degli artisti italiani fu quello di esprimere, nei volumi e nelle linee, le caratteristiche essenziali dell’arte romana e italiana, attingendo direttamente alla generosa fonte dell’architettura di Roma. Lo stile del Palazzo richiamava infatti i celebri archi dell’Anfiteatro Flavio, riprendendone e stilizzandone l’architettura, celebrando il mito della nuova civiltà come esaltazione dell'Impero romano. Da qui nacque il nome di “Colosseo Quadrato”.
L’obiettivo degli architetti era quindi quello di creare un edificio imponente, dalle proporzioni esemplari, modellandolo al fine di raggiungere un’estetica ricca ma lineare. Fu così che gli archi, inizialmente tredici per otto piani, si ridussero a nove per sei livelli, regalando ritmo ed equilibrio all’intera struttura. Interamente rivestito in travertino, il Palazzo assunse sin dal principio la forma di un parallelepipedo a base quadrata, su un'area di 8.400 mq con un’altezza di 60 metri. Una serie di opere decorative vennero successivamente chiamate a completare la scenografia del Palazzo per rafforzarne il significato artistico e allegorico: ai quattro angoli del podio vennero collocati quattro gruppi scultorei equestri raffiguranti i Diòscuri, i mitici eroi greci, figli di Zeus e Leda, per opera di Publio Morbiducci e Alberto Felici.
Sotto i fornici del pian terreno, furono costruite, invece, ventotto statue, sei per le facciate principali e otto per le facciate laterali, ciascuna dell’altezza di 3,40 metri. Ogni statua, posizionata sotto un singolo arco, rappresentava un particolare mestiere o talento, a celebrare le doti degli Italiani come allegorie di: eroismo, musica, artigianato, genio politico, ordine sociale, lavoro, agricoltura, filosofia, commercio, industria, archeologia, astronomia, storia, genio inventivo, architettura, diritto, primato della navigazione, scultura, matematica, genio del teatro, chimica, stampa, medicina, geografia, fisica, genio della poesia, pittura e genio militare.
Infine, su ogni lato del Palazzo venne incisa una famosa iscrizione: “Un popolo di poeti di artisti di eroi di santi di pensatori di scienziati di navigatori di trasmigratori”, frase con cui lo spirito del monumento si arricchiva e si completava.
Il 3 giugno 1941 si decise il rinvio sine die dell’Esposizione, con i lavori di finitura ancora in corso. Il Palazzo divenne incompleto, abbandonato. A modificarne la fisionomia fu proprio il vuoto funzionale che, mentre ne evidenziava l’atmosfera metafisica, al tempo stesso accentuava un’involontaria modernità dell’opera, mettendo in risalto le grandi e spoglie cavità interne e rivelandone la trasparenza del volume.
La struttura si radicò così sempre più nella scena urbana, divenendo il simbolo più originale ed eloquente della Roma contemporanea. Allo stesso tempo la sua forza iconografica venne esaltata da Fellini che, nel 1962 scelse l’E42, in qualità di città onirica nell’episodio Boccaccio ’70, “Le tentazioni del dottor Antonio”. L’immagine del Palazzo assunse nuova forza e immediatezza comunicativa, un’architettura che rielaborava lo stile classico, ma non nel linguaggio, quanto nella grandiosità della figura, imponenza strutturale ed effetto scenografico: un classicismo visionario. Un’opera che si rivolgeva al passato indirettamente, attraverso un gioco di reciproci rinvii, toccando pittura e architettura.
E’ in questo scenario che si definì l’opera di De Chirico. L’artista prese in prestito dal Palazzo l’elemento stilizzato raffigurandolo nelle sue opere come essenza costruttiva. Successivamente il monumento rielaborò l’arco dalla pittura metafisica, dandogli nuova forma architettonica: nacque così il loggiato, che, se dall’esterno definiva le facciate del cubo traforato, dall’interno appariva come un magico labirinto, in cui la stessa prospettiva inquadrava paesaggi sempre nuovi.
La rilettura del Palazzo come esempio di un classicismo visionario che si collocava nella Neometafisica, evidenzia come l’importanza dell’opera non venisse annullata dal tempo, ma ne uscisse, anzi, rafforzata. Testimonianza di grandiosità e teatralità, mito e valore.
Nel 1953 il Palazzo aprì per la prima volta le porte al pubblico per accogliervi l’Esposizione internazionale dell’Agricoltura, l’EA53, occasione di primaria rilevanza per richiamare l’attenzione del grande pubblico sulle potenzialità del quartiere, esaltando l’agricoltura come risorsa principale per la ripresa del Paese.
In seguito il monumento venne eletto a “Tempio del Lavoro”, sede della Federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro, un centro in cui promuovere iniziative culturali e sociali fondate sulla valorizzazione delle professioni.
Oggi il Palazzo appare come un simbolo radicato, carico di significati, che continuerà a scrivere la propria storia fondendo tradizione e innovazione. E’ proprio la condivisione di tali valori che ha portato FENDI a scegliere il Palazzo della Civiltà Italiana come propria sede che, dopo poco più di due anni dalla sigla del contratto, apre le porte al pubblico per la prima volta dopo settant’anni dalla sua creazione.
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