Una vita con, e per, l’acustica

di Paola G. Lunghini

Intervista/ritratto di Ezio Rendina, VIVA–Valutazione Impatto Vibrazionale e Acustico Consulting&Management

Premessa: conosco Ezio Rendina da una buona ventina d’ anni e gli sono amica. Ma questa è la prima volta che lo “intervisto ufficialmente”. Ergo partiamo dall’inizio.

Correva l’anno 1986 e il milanese Ezio Rendina (classe 1963 ) aveva appena terminato di frequentare le lezioni del quarto anno di Ingegneria civile al Politecnico di Milano allorchè un esercitatore del Poli - l’Ing. Pietro Gelmini- gli offrì di lavorare part time nel suo ufficio: il Centro Studi Traffico, il primo Studio di ingegneria del traffico in Italia, da Gelmini fondato dopo la sua esperienza a Londra presso Colin Buchanan, considerato il massimo esperto dell’epoca sul tema.

La “chiamata” arrivò non perché il giovane Ezio fosse un secchione, sia chiaro! Dopo il diploma conseguito con il massimo dei voti al Liceo Scientifico “L.Cremona”, egli all’ università studiava sì molto, ma trovava anche il tempo per “lavoricchiare “ (i.e. ripetizioni di matematica…) e divertirsi. Non aveva però, Ezio, ancora ben chiara la strada da intraprendere dopo la laurea. Forse fu il destino a scegliere per lui, perché quella “chiamata” segnò per sempre la sua intera futura vita professionale. Il quasi Ingegnere abbandonò dunque lavoretti e divertimenti, e si buttò a capofitto nel lavoro. Ben presto si rese conto che «lo studio di impatto acustico del traffico era “omaggiato” al cliente».

All’epoca, in Italia di materiali scientifici non ve ne erano quasi, così Ezio si mise ad analizzare approfondendole le pubblicazioni estere disponibili: scritte prevalentemente in francese, che non conosceva… ma la sua mamma sì, e molto bene! Così, con l’aiuto materno, nell’estate del 1986 egli tradusse il “primo libro” (e imparò anche un po’ la lingua), si appassionò sempre più alla materia e propose a Gelmini di vendere questi suoi Paper ai clienti (all’epoca in Italia non esistevano leggi specifiche sulla materia, ndr). «Lui però si dimostrò poco sensibile all’argomento e mi bloccò; ma io intanto andavo avanti a studiare tutto quello che trovavo» mi spiega, ancora divertito, il mio interlocutore.

Ezio si laurea brillantemente nel luglio 1988, supera subito e a pieni voti l’Esame di Stato per l’abilitazione all’ esercizio della professione di Ingegnere e, terminato il servizio militare, continua per un poco a lavorare ancora con il suo mentore. A gennaio 1990 si sente pronto per il “gran salto” e apre il suo Ufficio con la targa “Ing. Rendina, Ingegneria acustica e vibro metrica” (allora l’unico del genere in Italia). Quell’ anno (era stato nominato Presidente del Rotaract, la “sezione giovanile” del Rotary, ndr) organizzò un incontro conviviale inter-club invitando come relatore l’allora ministro della Sanità e gli pose la domanda: «Quando avremo anche in Italia una legge sull’acustica?». Presto, molto presto, rispose il ministro. E infatti la Legge arrivò il primo marzo del 1991 e con essa prese forma davvero il mestiere di Ezio: il primo e più anziano (professionalmente, si intende) “Ingegnere acustico d’Italia”.

Cos’è il “rumore” per te, professionalmente parlando, ma anche per la tua vita? gli chiedo
Il mio nonno materno era direttore d’orchestra: credo di aver ereditato la sua sensibilità uditiva. Cerco il silenzio in ogni dove, anche nel mio ufficio centralissimo a Milano (VIVA–Valutazione Impatto Vibrazionale e Acustico Consulting&Management, è basata in via Meravigli, ndr). Non amo i ristoranti perché acusticamente sono quasi sempre molto carenti: è stato dimostrato infatti che la sovraesposizione sonora altera la percezione del gusto! Non sono quasi mai stato in discoteca da ragazzo, guido un’auto elettrica, sportiva e silenziosa; e amo sciare in fuori pista da solo. Credo che questo dica abbastanza…


Premesso che tu hai sempre e solo svolto la libera professione, vedi differenze di atteggiamento (da parte della tua clientela) tra i tuoi “primi tempi”, e oggi?

Nei primi anni i clienti, o potenziali tali, mi guardavano come fossi stato un marziano. Ancora oggi, specie fuori dalla realtà delle maggiori città italiane, è ancora così. La maggior parte dei clienti vede la progettazione acustica come un calice amaro che bisogna bere perché lo impone la legge. Pochi comprendono che la mia attività, oltre a “coprirli” dagli obblighi di legge, fornisce uno strumento per valorizzare ancora di più il bene che si sta progettando o realizzando.


Puoi darmi un esempio?

A oggi vigono i limiti di legge. Oltre alle 4 classi acustiche previste dalla norma, si va su base volontaria. In alcune occasioni mi è stato chiesto di perseguire una classe acustica andando al di la del limite di legge per un risultato ancor più ottimale. Niente di più facile ed entusiasmante, ma questa attività di buona progettazione non è stata minimamente usata come veicolo di comunicazione promozionale dell’edificio realizzato. Queste sono a parere mio occasioni mancate.

Qual’era e qual è oggi il ruolo degli Enti (Comuni etc.) preposti alle autorizzazioni?
La legge quadro 447/1995 ha conferito ai vari Enti pubblici i rispettivi ruoli di vigilanza e indirizzo. Io stesso ho presieduto il Comitato di Indirizzo e Controllo Strategico di ARPA Lombardia (è a tutti gli effetti un CdA) e secondo me le Agenzie Regionali lavorano bene sul tema rumore. Circa i Comuni, questi si dividono, a grandi linee e con tutte le eccezioni del caso, in due tipologie: le metropoli (Milano, Torino, Bologna e in parte Roma, in primis) che applicano fedelmente le leggi sull’acustica, ovvero, al momento di rilasciare le autorizzazioni alla costruzioni di edifici o di avviamento di attività produttive chiedono al cittadino (o imprenditore) di svolgere le attività che la legge prevede. Altri Comuni sono meno attenti, con le inevitabili conseguenze sulla qualità dei manufatti edilizi e tutti i problemi che inevitabilmente a cascata arrivano. Anche le Regioni si muovono un po’ a macchia di leopardo. Il settore è ancora acerbo.

Quali suggerimenti daresti loro?
I suggerimenti sono due: il primo, al Parlamento e all’UNI (l’Ente Nazionale Italiano di Unificazione). Le leggi e le norme sull’acustica sono molto tecniche: perché chiedere agli esperti che collaborano alla loro stesura un contributo a titolo gratuito o addirittura (come per l’UNI) pagando per lavorare? Ai Comuni, invece, suggerisco (magari consorziandosi) di “investire” su un consulente che integri i vari regolamenti comunali con le disposizioni contenute nelle leggi vigenti. In questo modo, finalmente, non vi sarà più l’ambiguità per cui il professionista “locale” non applica la legge dello Stato perché il Comune non lo ha richiesto.

Che differenza vedi tra il committente “pubblico” e quello privato?
Il pubblico è più attento alla forma e alla qualità della progettazione essendo vigenti i CAM (Criteri Ambientali Minimi) ed esistendo l’obbligo di revisione dei progetti. Il privato è meno attento alla qualità della progettazione e, ad esempio, nessuno ci ha mai chiesto una progettazione con criteri più stringenti, quali sono i CAM. Questa caratteristica è congruente con il concetto delle classi acustiche non richieste. Il settore, a 30 anni dalla prima legge italiana sull’acustica è, come dicevo, ancora molto acerbo.


Quali note di warning daresti ai developer/costruttori/investitori immobiliari?

C’è un detto che gira tra i docenti universitari che dice: «Quando leggono le tue pubblicazioni è perché vogliono fregarti!». Io lo parafraserei relativamente al mio settore così: «Quando vanno a vedere le prestazioni acustiche è perché vogliono crearti problemi». Ho visto deal seriamente compromessi dopo che, firmato l’accordo e versata la caparra, si sono “ scoperti” problemi di acustica; ho visto (tanti) venditori di immobili nuovi dover restituire il 20% del valore a rogito per il mancato rispetto dei parametri acustici spesso insanabili a opera compiuta ; ho visto aziende fallire perché incapaci di pagare i danni emersi dalle cause sull’acustica ; ho visto Comuni ritirare l’abitabilità perché uno dei requisiti igienico-sanitari che concorrono a formarla - l’isolamento acustico, appunto - non era ben rispettato. L’acustica è come una medaglia a due facce: può valorizzare molto l’immobile se affrontata con lo spirito giusto, ma può creare grossi problemi se vista solo come una “gabella” da far fuori al minor costo possibile.


Potresti darmi una “forchetta” di larga massima dei costi di mitigazione per interventi di ristrutturazione, e per progetti nuovi?

Se partiamo da foglio bianco, il delta di incremento dei costi di progettazione e costruzione (tra un edificio con acustica affrontata solo per “senso del dovere” e di un edificio dove l’acustica è al massimo livello, onde incrementare la fruibilità dell’immobile) è di circa l’1%. Sulla ristrutturazione il discorso è più complesso ed è difficile fare una stima generica.


Cambiamo argomento.

Qual’ è il tuo “francobollo”, il progetto che più ti ha affascinato e coinvolto tra i tanti che hai fatto?
Oltre 500 progetti in 32 anni e ognuno è un pezzo di me. Te ne cito due: il primo è il building Fondazione Feltrinelli a Milano, ultimo piano, tetto a capanna ad altezza tripla, interamente vetrata, potenzialmente invivibile. Gli architetti Herzog e De Meuron non mi lasciano nessuno spazio di intervento, nemmeno la scelta della moquette !!! Allora abbiamo calcolato la rigidità dinamica delle guarnizioni delle vetrocamere affinché le vetrate funzionassero come pannelli vibranti, smorzando le basse frequenze, abbiamo progettato delle finte librerie che invece erano tanti volumi cavi con piccoli fori (tecnicamente risuonatori di Helmholtz), abbiamo indicato i materiali delle tende e da ultimo “imposto” il numero delle pieghe, contandole!!! Non tutto è stato realizzato come da progetto originario, ma li si è toccato il massimo dell’esperienza progettuale.


E il secondo?

Il secondo francobollo è lo stadio del FC Cagliari che stiamo sviluppando insieme alla società Sportium, che fa capo a Progetto CMR diretta da Massimo Roj (con la quale siamo in finale per il nuovo stadio Meazza a Milano). Abbiamo “giocato” con l’acustica delle tribune al fine di esaltare il tifo proveniente dai tifosi cagliaritani (e non quello dalla curva ospiti!), ma non posso dire di più sulle tecniche usate: top secret!


Ezio è una persona che non ama il “rumore dei riflettori”. Allora aggiungo io alcuni elementi "pregiati". Nella sua ormai lunga carriera si è occupato di acustica ambientale stradale (ad esempio analisi e simulazione della rumorosità presente lungo le aree di pertinenza della intera rete autostradale Milano Serravalle Tangenziali). Di acustica ambientale ferroviaria (ad esempio, riprogettazione delle opere di mitigazione sonora del prolungamento della linea metropolitana 2 Famagosta-Assago a Milano). Di acustica aeroportuale (ad esempio, analisi fonometrica delle immissioni sonore di aeromobili in decollo dall’aeroporto di Linate). Di acustica di “sorgenti fisse” (ad esempio, previsione di impatto acustico di 19 nuove delivery station di Amazon).

Di acustica edilizia e architettonica (ad esempio, progettazione dei requisiti passivi, assistenza alla direzione lavori, previsione di impatto acustico e collaudo finale di due sedi del Centro Diagnostico Italiano).
Si è occupato volentieri di “Tower” (ad esempio, assistenza alla direzione lavori e collaudo acusticodella Torre GalFa a Milano; progettazione degli interventi di incremento della fonoimpendenza della Generali Tower a Milano-CityLife). E di Hotel (ad esempio, mitigazione sonora per Star Hotel Rosa a Milano e Hotel Helvetia& Bristol a Firenze, e Hotel Cala di Volpe nel Comune di Arzachena, in Sardegna). Senza dimenticare che da tempo immemorabile Ezio è consulente di riferimento di Assoedilizia- Associazione della proprietà edilizia di Milano, e di altre associazioni.
Ah, sì, partecipa a convegni/ seminari tecnici, ed è autore di innumerevoli pubblicazioni scientifiche… Ciò significa che… continua a studiare!!


Qual è il tuo rapporto con l’Accademia (e con l’ “aula”)?

-Ho iniziato, un anno dopo la laurea, a fare l’esercitatore agli studenti del IV di Ingegneria, poi il professore a contratto a Ingegneria e anche a Scienze Ambientali, in seguito il docente ai Master e ai corsi di specializzazione della Facoltà di Ingegneria di Milano e infine ai corsi di aggiornamento al Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano. Ora il business incombe e devo fare delle scelte…


E’ tempo di “chiudere“ la conversazione:


La pandemia (e relativo remote working) ha modificato la “sensibilità” nei confronti del tema? E se sì, come?

-Lavorare da luoghi non pensati per il lavoro ha evidenziato ancora di più la necessità di un buon isolamento acustico sia inter-unità che intra-unità. Nella post pandemia si è mantenuta l'abitudine a organizzare remote meeting e con essa si è evidenziato il problema già noto da tempo: se una Sala Meeting funziona male con riunioni in presenza, funziona ancora peggio se l'audio è mediato da microfoni che hanno una capacità "uditiva" peggiore dell'orecchio umano e da qui l'improcrastinabile necessità di migliorare il comfort acustico. La sensibilità sul tema è ancora scarsa, a parere mio, perché manca la consapevolezza di quanto il discomfort sonoro incrementi la fatica di concentrazione, diminuisca la produttività e crei “annoyance”, un insieme di disturbi alla psiche e al corpo. Invito a leggere le pubblicazioni di Mario Cosa, compianto audiologo di grande capacità. Basta leggere solo i titoli dei capitoli delle sue pubblicazioni per rendersi conto quanto l’esposizione sonora, anche a bassi “volumi”, crei una serie di scompensi al corpo umano che vanno dalla frequenza respiratoria e cardiaca alla conducibilità elettrica della pelle, dalla perdita di udito a disturbi psichici i più vari che possono spiegare anche i purtroppo molti atti violenti che si leggono nelle pagine di cronaca.

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