In che cosa consiste lo strumento del’equity crowdfunding immobiliare?

Con la riforma che nel 2017 ha esteso a tutte le PMI (e alle imprese e OICR che investono prevalentemente in PMI) la possibilità di fare ricorso alla raccolta di capitale di rischio online anche gli operatori del real estate hanno cominciato ad interessarsi all’equity crowdfunding.

Nel corso degli ultimi tre anni in Italia tale forma di investimento è cresciuta notevolmente e sono state costituite diverse piattaforme specializzate nel real estate sia di tipo equity sia di tipo lending o ibrido.

Le ragioni di tale successo derivano - in parte - da motivazioni di carattere generale legate al fenomeno del c.d. credit crunch (stretta creditizia) e alla necessità di trovare canali alternativi al finanziamento bancario e - in parte - da talune caratteristiche tipiche dell’asset immobiliare che rendono l’investimento in tale bene più appetibile e meno rischioso rispetto ad altri (attività innovative e start up) a fronte di rendimenti competitivi commisurati al rischio.

L’equity crowdfunding immobiliare presenta inoltre il vantaggio di superare alcune limitazioni connaturate all’asset immobiliare, rendendo possibile l’investimento immobiliare anche per importi molto contenuti, nonché la diversificazione del portafoglio di investimento e il superamento del limite della non pronta liquidabilità attraverso l’incentivazione normativa di un mercato secondario nel quale poter “smobilizzare” le quote di partecipazione all’investimento.

L’equity crowdfunding immobiliare è disciplinato nell’ordinamento italiano da disposizioni di carattere generale (applicabili allo strumento dell’equity crowdfunding indipendentemente dal settore specifico di investimento) contenute principalmente nel D. Lgs. 58/1998 (Testo Unico della Finanza, di seguito “TUF”) e nel regolamento sulla raccolta di capitali online adottato dalla CONSOB con delibera n. 18592 del 26.6.2013 e ss..mm.ii.. in attuazione degli artt. 50 quinquies e 100 ter del T.U.F. (di seguito “Regolamento Crowdfunding”).

Tale disciplina conoscerà importanti modifiche a seguito dell’applicazione, a decorrere dal 10.11.2021, del regolamento adottato dall’Unione Europea in data 20.10.2020 al fine di attuare l’armonizzazione all’interno degli stati membri.

Con riferimento alla normativa italiana attualmente vigente il T.U.F., in estrema sintesi, disciplina i principi in materia di: (i) contenuto dell’offerta al pubblico di azioni, quote di partecipazioni al capitale di rischio dell’offerente o di obbligazioni o altri strumenti di debito (offerta consentita fino ad un massimo di 8 milioni di euro) (ii) requisiti dei soggetti offerenti/promotori, ammettendo all’offerta al pubblico le PMI, le start up e PMI innovative (o gli OICR che investono prevalentemente in PMI) e (iii) requisiti dei gestori di portali online (c.d. riserva di attività) che possono essere c.d. gestori di diritto (ossia le banche e le imprese di investimento) o soggetti con determinate caratteristiche iscritti in apposito registro CONSOB previa autorizzazione della CONSOB (gestori autorizzati).

La CONSOB è l’autorità che vigila sul corretto utilizzo di questa tipologia di investimento. Il Regolamento Crowdfunding disciplina la procedura di autorizzazione dei gestori, le regole di condotta per i gestori e le regole relative all’offerta, a tutela degli investitori; tutela che costituisce elemento cruciale della disciplina dell’equity crowdfunding.

 

Tra le cautele più incisive meritano di essere ricordate:

  • La previsione di flussi informativi dal gestore della piattaforma ai potenziali investitori sia sull’attività svolta (con indicazione dei criteri, inter alia, di selezione delle offerte) sia sulla rischiosità degli investimenti tramite portale, con particolare riferimento al rischio di illiquidità.
  • La garanzia di plausibilità e fattibilità dell’offerta, rappresentata dalla necessità prevista dal legislatore che un importo minimo pari al 5% degli strumenti finanziari offerti (ora 3% in alcuni casi) sia sottoscritto da investitori professionali (art. 24, comma 2 Regolamento Crowdfunding).
  • Il diritto di recesso o di co-vendita dell’investitore, che deve essere contenuto, ai sensi della normativa in esame, nello statuto della PMI offerente.

 

Anna Maria Schirru | Studio Legale Lener & Partners Of Counsel

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